Sono iniziati i dolori del parto di pomeriggio, Leon è venuto al mondo una sera tardi di Giugno.
Grazie alla mia ostetrica Gabriella è nato dopo il termine con parto naturale. Nonostante per me andare in ospedale sia stata un’esperienza molto dura, sono contenta di essere riuscita per entrambi di avere un parto naturale anche se ci sono volute otto lunghe ore.
Appena nato l’abbiamo visto solo un’istante e poi lo sciame di infermiere e dottori l’ha portato via. Una delle cose più dure e strazianti di tutta questa storia è avere un bambino e non poterlo vedere e toccare.
Dopo tre ore ho chiesto di firmare i fogli per essere dimessa, Mattia era a casa con mia mamma e io se non potevo stare con Leon che era in terapia intensiva potevo almeno esserci per Mattia quando si fosse svegliato la mattina.
Sapendo che non sarei rimasta in ospedale ci hanno concesso di vedere Leon alle tre di notte. Un bambino bellissimo. Aveva delle guance paffute e un colorito roseo. Incredibile che un bambino così perfetto non potesse sopravvivere.
A casa la notte mi sveglio per cercarlo nel letto e non c’è, ogni giorno con la paura che possa squillare il telefono e se squilla non sono mai buone notizie dall’ospedale. Leon lo possiamo vedere solo due volte al giorno per poco tempo, massimo un’ora ma spesso è molto meno.
Non è assolutamente naturale vivere un’esperienza simile ma lui non ha scelta e neanche noi. A cinque giorni di vita ci viene detto che affronterà la prima operazione, la più lunga e pericolosa, con il venti percento di possibilità che vada male. Mi ricordo come se fosse oggi la giornata che io e suo padre abbiamo passato sulle sedie scomode fuori dalla sala operatoria e il tempo che non passava mai… fino a quando dopo nove ore il chirurgo uscendo ci parla dicendo che aveva provato a fare una prima soluzione ma era andato in arresto cardiaco e così provandone una seconda per adesso sembrava funzionare.
I giorni successivi sono stati dei più duri e difficili della nostra vita. Leon sedato, immobilizzato e intubato attaccato a ogni tipo di aiuto farmacologico possibile. Nessun genitore dovrebbe dover vivere un tale strazio. Ci sono voluti un mese un giorno, tutte le nostre preghiere e quelle di innumerevoli persone a noi vicine per vederlo piano piano risorgere dal suo stato di coma farmacologico.
A un mese e un giorno mi hanno telefonato per dirmi che saremo passati in degenza e di venire entro un’ora in ospedale per rimanere con lui.
Incredibile, stavamo toccando il cielo con un dito. Leon ce la stava facendo e noi con lui. Suo padre che era a Firenze per lavorare, la sera era a Massa da noi. Abbiamo iniziato a fare i turni per essere uno con Leon e uno con Mattia che insieme a noi stava vivendo questo calvario.
Ora Leon doveva prendere peso , mangiare e digerire e riuscire a respirare autonomamente; la nuova circolazione creata chirurgicamente doveva in qualche modo funzionare.
In due settimane con tutti i nostri sforzi siamo usciti da lì. Per la prima volta l’ho tenuto stretto a me e ho cercato di dargli tutto l’amore del mondo. Ho potuto dare a mio figlio un bacio dopo un mese. Gesti normali con un bambino come lui sono stati tra i più sudati. Suo padre ha fatto le notti ed è stato il padre e il compagno più amorevole di questo mondo. Per fortuna avendo preso un’abitazione a Massa siamo potuti uscire un po prima del previsto quando tolto l’ossigeno Leon era riuscito finalmente a respirare in autonomia. La sua saturazione del sangue reggeva sui 77% e riusciva a digerire il latte per il quale avevo fatto una battaglia personale per averne dalla banca del latte.
Anche a casa era dura. Leon non poteva prendere neanche un raffreddore, non poteva avere contatti con le persone, a causa della contaminazione dei microbi il suo sistema immunitario era completamente disabilitato. Siamo a casa, in quarantena ma a casa. L’isolamento per me è molto duro. Essendo una persona estremamente socievole ora le giornate in solitudine sono faticose.
Stiamo a Massa tutto il mese di Agosto ma a settembre Francesco deve rientrare a lavoro e io sola mi trovo arresa. La notte mi sveglio ad ascoltare Leon che respira. Ho paura e non sono tranquilla. Stare poi con tutti e due non è facile, Mattia ha le sue esigenze e vive l’isolamento con me aspettando gli zii o i nonni nel fine settimana per uscire e andare al mare. Con Leon andiamo due volte alla settimana in ospedale per i controlli e sembra stare bene. Però a inizio Settembre non ce la faccio più e decido di prendere una visita privata con il chirurgo che l’ha operato e la cardiologa di riferimento che lavora con lui. Arrivare al quindici Settembre sarà faticoso ma anche bello. Ogni tanto esco per una passeggiata con tutti e due e Leon vede il mondo. Un po di mondo, di verde e il cielo. Niente davvero niente è scontato con lui e sono grata di ogni singolo giorno e ora che mi è stata regalata con lui.
Il 15 settembre viene visitato e dopo mesi ci danno il permesso di tornare a casa. Dobbiamo venire per i controlli ma aspettiamo che Leon cresca di peso e potrà fare la seconda operazione, la Glenn. La gioia nel portarlo a casa non è spiegabile a parole e anche Mattia ha davvero bisogno di casa sua, in tutti i mesi lontano non ha mai smesso di chiedere quando ci saremmo tornati.
La Storia di Leon
La Diagnosi
Difficile Attesa
Massa
La Perdita